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"È
così la vita di un rom vagante, viaggia sempre finché non trova un posto dove
rimanere": Davide Halivovich, nato a Firenze vent'anni fa in una famiglia
rom di origine jugoslava (in Italia da circa trent'anni), vive in un campo
nomadi, ha una moglie, due figli, il sogno impossibile di un lavoro. È un rom,
uno zingaro, ma non accetta di vivere da emarginato. Partendo dalle proprie
radici, e senza nascondersi niente di ciò che vorrebbe, scrive un diario, alla
ricerca della propria identità (“Tema
sulla mia vita”, pag. 90, editrice
Vox, lire 16.000). Per scrivere sceglie una lingua che non è la sua, quella
della scuola, di quel mondo, fatto di vestiti puliti e case calde, a cui egli
guarda con ammirazione e desiderio. Quello
che emerge da queste pagine è un mondo a parte, che ci osserva vivendo ai
margini delle nostre periferie, un mondo fatto di tradizioni, di leggi
intoccabili, ma per sua stessa natura in continuo mutamento. Un mondo che il
diario di un ragazzo rom tra tanti per la prima volta ci rivela con l’immediatezza
della scrittura, mettendoci di fronte, senza volerlo, alle nostre
responsabilità e ai nostri privilegi.
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