In Sudafrica: l'apartheid
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Il sistema dell’apartheid in Sudafrica si basava sull'idea della diversità delle razze: prevedeva infatti l'esclusione dei non bianchi da ogni diritto politico e la separazione di ogni loro attività da quella dei bianchi (vedi il film "Un mondo a parte").

I neri erano obbligati a frequentare scuole, locali di divertimento, servizi sociali "a parte"; c’erano perfino cabine telefoniche riservate esclusivamente a loro.

I neri che vivevano nei centri urbani (il 50%) erano costretti ad abitare in quartieri periferici, spesso formati da sole baracche, dai quali potevano uscire per lavorare solo con speciali lasciapassare.

Gli altri vivevano segregati nei "Bantustands" o "black homelands", territori riservati alle varie etnie nere, apparentemente autonomi con un proprio parlamento e una propria capitale, in realtà deboli e poveri, quindi dipendenti economicamente dal ricco Stato sudafricano.

 Un altro aspetto dell'apartheid riguardava il salario: per lo stesso lavoro un bianco era pagato fino a 14 volte di più di quanto veniva pagato un nero.

Il sistema dell'apartheid in Sudafrica durò molti decenni e causò molte sofferenze e lutti tra la popolazione nera: molti esponenti del movimento contro la segregazione razziale pagarono con la vita il loro impegno, molti altri passarono in carcere lunghi anni. Tra questi Nelson Mandela, capo dell'ANC e premio Nobel per la pace.