Uomo politico sudafricano (Umtata 1918). Leader storico della maggioranza nera in lotta contro l'apartheid, Mandela aderì nel 1944 all'African National Congress (ANC) fondandovi la Lega giovanile caratterizzata da un programma più radicale. Arrestato più volte, in seguito alla messa a bando dell'ANC (1960) lasciò il Paese. Constatato il fallimento della linea non violenta dell'ANC, Mandela fu tra i fondatori (1961) dell'Umkhonto ce Sizwe (Lancia della nazione), braccio armato del partito. Rientrato clandestinamente nella Repubblica Sudafricana nel 1962, subì ben presto un nuovo arresto e, imputato di rivolta armata, anche in assenza di precise prove venne condannato alla pena capitale, commutata in ergastolo. Sulla base di questa sentenza Mandela subì 27 anni di carcere di cui i primi 19 in condizioni durissime. Emblema vivente dell'anacronismo e della spietatezza dell'apartheid, Mandela venne liberato nel 1990 grazie alla coraggiosa iniziativa del presidente sudafricano F. W. de Klerk, che inaugurò così una politica di riconciliazione e democratizzazione, culminata poi nel 1992 con il referendum che sancì la volontà della popolazione di razza bianca di abolire l'apartheid. Presidente dell'ANC (1991-1997) e premio Nobel per la pace insieme a De Klerk nel 1993, Mandela divenne nel 1994 presidente della Repubblica Sudafricana e fu proprio grazie alla sua personalità che alcune contraddizioni presenti nella nuova realtà sudafricana, come quella dell'ostracismo condotto dall'etnia Zulu, non assunsero caratteristiche apertamente eversive. Per non rimanere invischiato nelle discutibili imprese della moglie Winnie, da più parti indicata come responsabile di scandali e complotti, Mandela se ne allontanò e nel marzo 1996 ottenne il definitivo divorzio. Nel 1995 è apparsa in Italia la traduzione della sua autobiografia (Lungo cammino verso la libertà). |