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Numero 2
maggio  2006

Tifo o violenza?

Ancora stadi sotto assedio

Lo sport, per alcuni, è l’unica valvola di sfogo dopo il lavoro, la scuola e gli impegni quotidiani. A volte vado allo stadio con mio cugino più grande e mi diverto sempre, anche perché mi piace l’atmosfera carica, tesa ed elettrizzata che dura dal fischio di inizio ai tre di chiusura. Allo stadio ci si sfoga, tifando per la propria squadra del cuore che giochi, bene o male, che vinca o perda.

Per alcuni, però, lo sport può diventare motivo di violenza, come ho visto più di una volta. Un giorno infatti sono andato allo stadio ed ho assistito ad una rissa tra i tifosi del Verona e del Genoa, la squadra avversaria, il tutto avvolto da una nube di gas lacrimogeno sparato dai poliziotti addetti alla sicurezza. Siamo dovuti rimanere ad una certa distanza con un fazzoletto premuto sulla bocca e sul naso.

Un’altra cosa poco bella è che in bagno non ci sono le porte e, quando ho chiesto il perché, mi è stato risposto che le avevano staccate i tifosi presi dalla rabbia per la sconfitta subita. Questo non è più tifo.

Lo sport, al tempo degli antichi Greci e Romani, non era motivo di violenza, bensì di pace. Infatti, durante le antiche Olimpiadi venivano sospese tutte le contese poiché queste rappresentazioni erano in onore degli dei. Il contrario avviene oggi, 2500 anni dopo, in una società moderna e progredita. Attualmente lo stadio è la fiera della volgarità: cori razzisti, parolacce e anche di più.

Bisogna pensare che lo sport non è una scusa per alzare le mani contro delle persone che in quel momento sono felici per la vittoria della loro squadra, ma un passatempo e un motivo per stare insieme con gli amici, per parlare, per ridere, per commentare. Io penso che al giorno d’oggi lo sport sia preso troppo sul serio. Qualche volta vorrei tornare indietro nel tempo per vedere come sarebbe uno sport tifato senza violenza.

Alessandro B.

Numero 2
maggio  2006