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UOMINI CONTRO

Un film che racconta la guerra di trincea durante la Prima Guerra Mondiale

"La guerra" è il tema principale trattato nel film "Uomini contro" del regista italiano Francesco Rosi. Quando uscì per la prima volta, nel 1970, fece scalpore e sollevò molte critiche. È stato tratto dal libro "Un anno sull’altipiano" di Emilio Lussu che ha vissuto in prima persona, combattendo come ufficiale, tutte le vicende che si sono svolte tra il 1916 e il 1917 durante la Prima Guerra Mondiale sull’Altopiano di Asiago.

Viene messa molto in risalto la dura vita di trincea e la totale sottomissione dei soldati agli ufficiali, soprattutto si parla di tre personaggi che in un primo momento erano partiti entusiasti della guerra perché volevano la vittoria, battersi per la patria, ma in seguito alla vista di tutti quei corpi senza vita e dopo aver visto morire molti dei loro compagni avevano cambiato idea, avevano cominciato a capire che quella guerra non aveva alcun senso e quindi decidono di opporsi alla guerra.

Francesco Rosi è stato addirittura denunciato dall’esercito per aver messo in cattiva luce le gerarchie militari. I temi del film andavano contro tutti gli insegnamenti scolastici di allora quando si parlava ai ragazzi del grande coraggio dei soldati, contenti di battersi in quella gloriosa guerra, invece la realtà era ben diversa: le condizioni igieniche erano pessime, venivano nutriti con cibi di scarsa qualità, erano vestiti con divise fatte di materiali scadenti, erano costretti tutti i giorni a vedere e a raccogliere cadaveri su cadaveri. Non potevano esprimere opinioni negative sulla guerra perché correvano il rischio di andare incontro alla morte. Oltretutto, in quegli anni c’era la leva militare obbligatoria e, se ci si rifiutava di farla, si andava in carcere per un certo periodo.

Oggi la leva militare è stata abolita, ma la situazione riguardo alla guerra non è molto cambiata: è vero che non ci riguarda molto da vicino, perché le guerre si svolgono in Iraq e in alcuni paesi del Terzo mondo, però, ad esempio, ci sono ancora persone che si uccidono perché hanno ideali diversi; la diversità è la principale causa delle guerre. Con tutte le idee, i pensieri, le culture, gli usi e i costumi differenti che ci sono nel mondo, è normale avere disaccordi e opinioni contrastanti. Solo comunicando pacificamente è possibile trovare una soluzione, purtroppo però ci sono persone che vedono nella guerra l’unica soluzione possibile e c’è gente che prova piacere nel veder scorrere fiumi di sangue. Altri vogliono sentirsi superiori e dimostrare questo attraverso la guerra. Quando la vincono credono di essere più importanti, disprezzando gli altri (quelli che hanno perso) e creando situazioni di tensione e di odio.

Nella guerra, secondo me, non ci sono mai né vincitori né vinti, perché alla fine, in un modo o nell’altro, le parti contrapposte ci rimettono sempre qualcosa. Non voglio essere pessimista, ma, secondo il mio parere, il mondo di pace che sogniamo tutti, lo avremo solo in un futuro molto lontano, solo quando impareremo a mettere da parte i pregiudizi e ad apprezzare la diversità (la cosa più normale di questo mondo, che possiamo osservare dovunque intorno a noi).

Nel frattempo, però, possiamo unirci in manifestazioni pacifiche contro la guerra, evitare litigi tra di noi, provare ad andare d’accordo nonostante le nostre diverse opinioni, cercando di non pretendere di essere superiori agli altri, con la conseguenza di far sentire inferiore qualcun altro. La speranza è l’ultima a morire, quindi è bene continuare a sperare in un mondo migliore senza guerre.

Gloria H.

Uomini contro… solo sul titolo di questo film ci sarebbero da fare moltissime riflessioni. Il film è tratto da un libro scritto nel 1938 da Emilio Lussu, un reduce della Grande Guerra. Appena uscito, a suo tempo, il libro aveva fatto molto scalpore: si raccontava la Prima Guerra Mondiale come un totale trionfo per l’Italia grazie al coraggio e alla voglia di morire per la patria dei nostri soldati. E non è stato da meno il film che, anche se uscito nelle sale più di quarant’anni dopo, ha fatto anch’esso molto scalpore ed è stato addirittura ritirato dalle sale perché si opponeva fortemente alle gerarchie militari.

Francesco Rosi, regista di questo film, ha fatto un ottimo lavoro di ricostruzione storica per ridare vita ad ambienti come le trincee, la terra di nessuno ed i tribunali militari. Certo, questa non è una semplice ricostruzione storica, è un film che cerca di spingersi più in là del semplice fatto di cos’è la guerra, ma vuole esprimere i sentimenti degli uomini, le loro angosce e le loro rassegnazioni. Sì, anche le rassegnazioni, come quelle dell’ufficiale che per primo ha avuto il coraggio di dire "Signor No!" davanti alla proposta di offrirsi volontario per andare a tagliare il filo spinato davanti alla trincea, in altre parole gli avevano proposto di andare a morire. Ma la rassegnazione si vede quando, davanti agli ordini del generale Leone, che costringe l’ufficiale ad andare, lui, sapendo che non avrebbe mai più fatto ritorno, si alza in piedi e va incontro alla morte a testa alta.

Ma torniamo al titolo: "Uomini contro". Prima di vederlo sembra uno dei tanti film di guerra dove si vede solo sangue e distruzione, ma sicuramente dopo un’attenta visione si capisce che non è così: gli "uomini contro" di questo film non sono sicuramente i contadini, italiani o austriaci che siano, che andavano a farsi massacrare per un fazzoletto di terra in più o per un’ipotetica gloria del loro paese. Gli "uomini contro" sono gli stessi soldati che cercano di combattere contro i loro superiori, che li costringono ad uccidere e ad essere uccisi da persone uguali a loro, ma con la "divisa di un altro colore"; sì, proprio come dice De Andrè in una sua famosa canzone: "Aveva il tuo stesso identico umore, ma la divisa di un altro colore". Ed è a questa frase che si riconduce tutto il film.

I veri nemici da combattere non erano quelli che si trovavano dall’altra parte della trincea, ma piuttosto quelli che dicevano di stare dalla tua parte, ma nemmeno ci pensavano ad andare "all’attacco!", come loro si limitavano ad urlare. In guerra ti senti considerato un numero, un vero e proprio numero, come si vede all’inizio del film, quando si sentono due soldati parlare dei morti delle battaglie precedenti ed ipotizzare quelli delle successive, come se nulla fosse.

Al giorno d’oggi il modo di fare le guerre è cambiato, si è arrivati persino ad una scienza di uccidere, ci sono persone che hanno studiato e studiano ancora il modo di ammazzare una persona, penso ai campi di concentramento, ai "Gulag", ai tanti crimini commessi dal terrorismo, che da anni ha aperto una guerra non dichiarata contro l’occidente, ai tanti tiranni che si sono imposti su moltissime popolazioni, troppi per ricordarli tutti. Ma penso anche alle tante persone che in silenzio combattono non contro l’esercito che viene ad invaderli, ma contro la guerra che si potrebbe scatenare per l’ignoranza delle persone.

Federico C.

Numero 2
maggio  2006