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LA
VIA DELLA SPERANZA
L’esperienza di un clandestinoQuesta
è una storia vera, la storia di mio padre Sefer che è partito
dall’Albania per arrivare in Italia in cerca di lavoro. Negli anni 1990
e 1991 c’è stata in Albania una grande crisi che ha causato molti
disoccupati, così molte persone hanno preso la strada dell’emigrazione.
Anche mio papà ha preso questa strada il 2 febbraio del 1999. La
prima volta ha provato a venire con il motoscafo, partendo da
Durazzo. Arrivato a Bari, sulla costa italiana, è stato preso dai
carabinieri che lo hanno costretto a imbarcarsi nuovamente per
l’Albania. Subito dopo però, il 19 febbraio, è arrivato ancora a Bari,
questa volta con un peschereccio.
Al porto di Bari è andato a prenderlo un suo amico che lo ha
portato a Parma dove è rimasto tre giorni. Da questa città si è
spostato per andare da mio zio che vive ad Ancona. Qui ha
lavorato per un
anno con lui facendo pulizie in un ristorante.
E’
dovuto ritornare in Albania nel 2000 perché era morta sua mamma. Dopo i
funerali è ritornato subito in Italia. Siccome la casa di mio zio era
piccola, questa volta mio padre è andato da suo cugino che abita a Novara
ed è rimasto con lui sei mesi, purtroppo senza poter lavorare. In questo
periodo ha incontrato molti problemi, soprattutto perché non possedeva il
permesso di soggiorno, quindi non riusciva a trovare lavoro. Proprio per
questo motivo, a volte, le autorità italiane hanno tentato di
rimpatriarlo perché era clandestino e quindi senza documenti. A
questo punto esasperato
per i molti
controlli e per l’assenza di lavoro, il papà è ripartito da
Novara ed è arrivato da mia zia a Lugagnano dove è rimasto tre anni
lavorando come muratore. Finalmente, dopo molti sacrifici e cambiamenti,
è riuscito ad avere un regolare permesso per vivere e lavorare a Verona. Il
14 ottobre 2004 anche la famiglia si è ricongiunta a lui e insieme
abitiamo a Lugagnano in un appartamento che si trova vicino alla sede
della scuola media. Io
sono Eneda, sono la figlia di Sefer e sono orgogliosa di mio padre e
di quello che ha fatto per il bene della mia famiglia. Eneda |