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"Danceability"

Partendo dal concetto che nello spazio e nel tempo della danza non esistono le persone disabili,
ma esistono "le persone", ognuno è differente e ogni differenza è fonte di ricchezza per la nostra creatività.

Una mia compagna un giorno mi ha chiesto: "Frequenti ancora il corso di danza classica?". Ed io, che ho smesso da circa un anno, ho risposto: "Frequento un corso di danceability". Lei ha sgranato gli occhi e dubito sinceramente che, nonostante le mie spiegazioni, abbia compreso a fondo il significato.

Si tratta di un corso di danza per diverse abilità, dove la parola danza assume sfaccettature diverse dal significato abituale. Siamo in sedici ragazze di età variabile fra i 9 e i 39 anni e la nostra lezione si tiene il mercoledì pomeriggio presso il cinema-teatro di San Massimo. Siamo indubbiamente diverse sotto molti aspetti: c’è chi frequenta la scuola, chi lavora, chi frequenta i CEOD, chi preferisce il rilassamento, chi ama i balli scatenati, chi ama le musiche scatenate, chi non le sopporta proprio, chi non riesce mai a stare fermo, chi preferisce il guardare al fare. Sì, è vero, siamo molto diverse, ma un denominatore comune c’è: ci piace stare insieme, esplorare nuovi confini, aiutarci, ma allo stesso tempo apprendere le une dalle altre.

La Danceability non è "terapia", non è "danzaterapia", ma semplicemente una tecnica di danza! Più precisamente, la danceability deriva dalla danza "contact" nata negli USA, un tipo di contemporanea acrobatica che dà importanza al peso, alla caduta, al contatto con gli altri.

Il corso non ha alcuna finalità terapeutica o riabilitativa: aiuta piuttosto a conoscersi, a comunicare con gli altri anche attraverso il proprio corpo, a saggiare i propri limiti, anzi a spostarli un po’ più in là. Non mancano sicuramente il divertimento, la voglia di stare insieme, la creatività, la fantasia e la disciplina.

Questo è il mio terzo anno e abbiamo già avuto modo di preparare e presentare due saggi: il primo si intitolava "Cenerentola non può ballare"; l’anno scorso, invece, abbiamo preparato "Il Mago di Oz".

Mi piacerebbe che in molti avessero modo di verificare personalmente di che cosa si tratta perché spesso le parole possono sembrare riduttive. Vi invito quindi fin d’ora al saggio di fine corso (domenica 28 maggio 2006 al Teatro di San Massimo) e vi garantisco che sarete favorevolmente sorpresi!!

P.S.: se vi ho incuriosito e volete saperne qualcosa di più, potete visitare la pagina web http://giopanetto.altervista.org/cdda

Benedetta B. 2C

numero 1
gennaio 2006