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Amistad Un film per riflettere sulla tratta degli schiavi Titolo: "Amistad"Regista: Steven Spielberg Interpreti: Anthony Hopkins, Morgan Freeman, Djimon Hounsou Anno di uscita sugli schermi: 1997 Durata: 145 minuti La trama Il film inizia con una scena non molto allegra. È notte e siamo sulla nave "Amistad", quando in primo piano si vede la mano di uno schiavo nero che cerca di liberarsi dalle catene che lo tengono prigioniero. Respira affannosamente, ma alla fine riesce a liberare se stesso e i compagni. Così i neri prendono il sopravvento, uccidendo i bianchi che li tenevano prigionieri, eccetto i due capitani che dovevano condurli a casa. Al mattino tutto è finito, la musica è malinconica, ma tranquilla e gli africani puntano verso est per tornare nella loro terra. Non ci riusciranno: dopo sei settimane avvistano terra, convinti di essere in Africa, invece erano ancora in America. Vedendo la terraferma, Sinké, il protagonista, pensa di fare rifornimento, presto però capisce di essere stato imbrogliato. Gli schiavi neri vengono catturati da una nave americana e messi in prigione. Più tardi gli schiavi vengono portati in tribunale per il primo processo durante il quale tutti i bianchi con cui avevano avuto a che fare dicono di esserne i proprietari. Vengono cioè considerati come merce. Dopo un’attenta perquisizione della nave, gli avvocati dei neri trovano le prove che confermano che il loro commercio era illegale; vincono così la prima parte del processo. Ma il Presidente degli USA, timoroso di non essere più eletto e delle conseguenze che la libertà degli schiavi avrebbe avuto, cambia il giudice con un altro più giovane che "manipola" per fargli fare la sua volontà. A questo punto l’avvocato difensore comincia a parlare con Sinkè grazie a un "traduttore": lo schiavo racconta dei suoi tempi felici passati con la sua famiglia in Africa e di quando, avendo ucciso un grosso leone con un sasso, la sua gente, per riconoscenza, lo trattava come un principe. Grazie all’aiuto del traduttore riescono a ricostruire la loro storia che poi viene raccontata anche davanti al giudice il quale concede la libertà ai neri. Ma non era ancora finita: bisognava fare un terzo processo davanti ad una corte sudista. L’avvocato, per paura di perdere la causa, chiede aiuto all’ex-Presidente John Quincy Adams, che, dopo aver avuto un dialogo diretto con Sinkè, in un lungo discorso in cui ricorda i principi di libertà stabiliti dalla Costituzione degli USA per cui avevano lottato i padri fondatori, chiede alla corte la libertà per i neri. Dopo la sentenza finale che li dichiara liberi, Sinkè e l’avvocato si ringraziano a vicenda usando ciascuno la lingua dell’altro. E finalmente possono ritornare in Africa. I nostri commenti personali Era molto triste vedere tutte quelle persone legate le une alle altre, come in una scatola di sardine, che venivano frustate, lasciate lì a morire di fame o gettate in mare come se fossero dei rifiuti. Io mi chiedo se sarà possibile che nel futuro accada nuovamente una cosa del genere. Mi auguro proprio di no! C’era anche un personaggio storico dell’antica Grecia, del quale non ricordo il nome, che diceva che la schiavitù era una cosa naturale... Per fortuna in giro non ci sono solo persone con idee razziste, che pensano di essere superiori agli altri, ma ci sono anche persone che cercano di andare incontro ad altre culture. Io penso che solo conoscendosi a vicenda è possibile lasciarsi alle spalle i pregiudizi e superare la paura verso altre culture che non si conoscono. Gloria H. Mi ha colpito molto la scena ambientata nella stiva della nave che sta portando i neri dall’altra parte dell’oceano: si vede un bambino nero che viene tenuto sollevato passando da una mano all’altra. Quel bambino è il simbolo dell’Africa che in quel momento sembrava non avere alcun futuro, perché il destino dei loro abitanti sarebbe stato quello di lavorare come schiavi nelle piantagioni americane. Beatrice C. È stato un film che mi ha fatto riflettere molto. Prima di vederlo non capivo bene in che situazione potevano essere gli schiavi a quel tempo. I maltrattamenti che hanno subito sono veramente duri e ingiusti. Il razzismo, cioè l’idea che afferma che i bianchi sono di razza superiore, non ha alcuna base scientifica. È solo un’invenzione. E non capisco perché ci sia gente che fa tante distinzioni tra gli uomini e arriva a maltrattare quelli che sono solo diversi da loro. Essere diversi… cosa c’è di male?! Maddalena C. |