L’Arco
dei Gavi fu fatto costruire dalla famiglia dei Gavi (“gens gavia”) nella
prima metà del primo secolo d.C. Con esso l’architettura romana segnò una
svolta, passando dall’uso del tufo e del cotto all’uso della pietra e da uno
stile sobrio e funzionale ad una decorazione elegante. Le pareti infatti sono
formate da blocchi di pietra sovrapposti e la parte superiore è arricchita da
colonne scanalate, capitelli, timpano e nicchie con le statue. Anche la
copertura con soffitto a cassettoni è insolita negli archi romani che
solitamente hanno la volta a botte. L’architetto
romano che lo progettò quindi doveva conoscere bene l’architettura
ellenistica. Egli era uno schiavo diventato libero e fece incidere su un blocco
di pietra (fatto molto raro) il suo nome: L.VITRVVIVS L.L. CERDO ARCHITECTVS
(Lucio Vitruvio Cerdone, liberto di Lucio, architetto). La
forma cubica della costruzione con quattro archi (a tutto sesto e larghi solo
metri 2,65) ci fa capire che si trovava all’incrocio di due strade. L’Arco
sorgeva infatti sul rettilineo della strada Postumia, a 150 metri dalla Porta
dei Borsari, dove si congiungevano la via Postumia e la via Gallica. Nel
contesto urbanistico di Verona romana l’Arco dei Gavi assunse un valore
solenne: esso infatti delimitava a sud l’asse stradale più importante della
città, mentre a nord si stagliava la spettacolare scenografia del colle di S.
Pietro.
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