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La fine della Signoria

I due nuovi signori della Scala erano molto diversi per carattere e abitudini. Bartolomeo, il maggiore, era meno intelligente del fratello, ma era il più apprezzato dai Veronesi perché meno superbo e d'indole buona. Antonio era, al contrario, intelligente, ambizioso e violento.
Bartolomeo, consapevole dell'ambizione del fratello, pensava di rifugiarsi da Carlo III di Napoli, ma non ne ebbe il tempo: mentre riposava nel suo palazzo fra il 12 e il 13 luglio del 1381, fu accoltellato per ben 26 volte da sicari di Antonio. La colpa fu addossata alla famiglia della fidanzata la quale morì durante le torture.

Antonio rimase al potere con la moglie Samaritana, una donna che amava il lusso e lo spinse a spese folli, eliminando l'antica usanza di sfamare i poveri della città e rendendolo quindi odioso ai Veronesi.

Quando a Milano andò al potere Giangaleazzo Visconti, questi marciò contro Verona. Antonio disperato cercò aiuto tra il popolo, ma non lo trovò. Non gli rimase che rifugiarsi con moglie e figli nel mastio di Castelvecchio. I milanesi assediarono il castello e così egli si rifugiò a Venezia. Poco dopo morì, mentre la moglie Samaritana fu costretta a dimenticare i lussi e la ricchezza, accettando una modesta pensione dalla Serenissima. Finiva così nella miseria lo splendore della Signoria scaligera.

Verona, dopo un breve dominio da parte dei Visconti di Milano, accettò di sottomettersi a Venezia e sotto il leone di S. Marco rimase fino alla fine del Settecento.